La Cura del Vero

Percorso di approfondimento ‘Giustizia sociale. Come riconoscere una finanza sostenibile?’

Abbiamo concluso il percorso di approfondimento ‘Giustizia sociale. Come riconoscere una finanza sostenibile?’, che si è articolato in tre incontri, a cadenza settimanale, nel mese di settembre, in modalità telematica. Le lezioni sono state tenute dal collega Alberto Lanzavecchia, che ringrazio anche qui per la sua disponibilità e la chiarezza con cui ha interagito con il gruppo coinvolto, formato da persone non solo interessate ma anche con un background concettuale condiviso e co-costruito nell’ambito dei percorsi formativi animati dal Laboratorio Larios, dalla Società Italiana Orientamento, dal gruppo di lavoro ‘La cura del vero’, dal Centro di Ateneo per i Diritti Umani di Unipd. Per tre incontri più di cinquanta persone hanno avuto modo di ricevere ‘nutrimenti cognitivi’ e di dibattere un tema alquanto sconosciuto, la finanza. Un tema sconosciuto perché parla in modo astruso, perché le sue azioni non avvengono alla luce del sole, perché ci hanno forse insegnato a ‘starne distanti’ in quanto cose per specialisti. E’ sicuramente cosa per specialisti, ma è anche cosa per i cittadini e le cittadine che possono assolutamente comprendere, se questa cosa viene spiegata bene, cos’è la finanza, a cosa serve, quando agisce per il bene comune o quando agisce per il bene di pochi.

E sulla base degli scambi e dei commenti, ho avuto l’impressione che un punto è emerso in modo chiaro, venendo a suggellare un sentito interiore, una percezione, o un concetto posseduto in modo forse un po’ nebuloso: così come viene agita, nella maggior parte dei casi, questa finanza contribuisce alla ricchezza di pochi, favorisce le disuguaglianze, le iniquità, la distruzione di beni preziosi, aria, acqua, terra, fauna, flora, natura e sociale. E lo fa con meccanismi che potremmo definire classici, vecchi quanto l’umanità, che di innovativo hanno ben poco: privatizzare/nascondere dal controllo pubblico, sfruttare, espropriare, seppure nella loro versione legale. Saperlo è un bene e un male allo stesso tempo, è bene perché è consapevolezza critica, è male perché è la riconferma del cammino verso il baratro intrapreso dall’umanità.

Ma, nonostante il buio, le sensazioni di intrappolamento, l’indignazione, la partecipazione, le voci che ho sentito e i feedback condivisi sembrano stagliare all’orizzonte cognitivo ed emozionale del gruppo un qualcosa, una sorta di convinzione che sarebbe bello diventasse sempre più intensa: se è la giustizia sociale che ci sta a cuore, almeno quella che ci invita a contrapporci alle iniquità verso la vita in generale, quella che ci piace di più, eco-sociale, allora l’indignazione per quanto abbiamo sentito deve unirsi al coraggio. E possiamo dire al coraggio di realizzare azioni di allontanamento (no con i miei soldi), di supporto alle vie alternative che ci sono, anche se nascoste, di diffusione di consapevolezza critica e conoscenza, con i mezzi che abbiamo, educativi, comunicativi, formativi, informativi, ecc., di realizzazione di una voce collettiva che chiede trasformazione, costruzione di una finanza che non c’è, equa, inclusiva, sostenibile, rispettosa della vita nel suo complesso.

Per approfondire: La Finanza del Futuro: Cambiare le Regole del Gioco per la Giustizia

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