di Marco Cera (*)
Cos’è la manipolazione? Creare un problema e porsi come soluzione. Mi frequentavo con una ragazza qualche tempo fa, stava mica tanto apposto. Aveva l’ansia costante di suscitarmi un problema. Per fortuna in ciò era del tutto scoordinata e frenetica, altrimenti non me ne sarei accorto e le avrei creduto. Perché dico suscitarmi? Si esercitava in una maieutica votata al male. Mi diceva che non sapevo stare in pubblico, che avevo dei problemi a stare con le persone, mi diceva che agli esami andavo in ansia, che non si capiva niente quando parlavo, che mi tremava la voce ecc. E poi diceva di volermi aiutare. Incredibile vero? Ma come avevo fatto tutto quel tempo senza di lei? Mi diceva sempre: ci sono io per te, ti aiuto io! Non ti preoccupare, mi diceva, io ti ascolto, starai meglio con me, sono qui per farti stare bene! Nulla di più falso e ipocrita, ovviamente. Voleva rendersi utile. Siccome aveva capito che a me lei proprio non piaceva, si era inventata tutto un sistema di assistenza. Incredibile a quale grado di umiliazione era giunta: aveva accettato di non essere cercata per se stessa, ma per i servizi emotivi che offriva. Si era creata un’utilità, era il problema e la soluzione. Non cercava più il mio amore disinteressato, voleva indurmi a una disperazione interessata.
Il presidente Trump, mi ricorda ‘sta ragazza che conoscevo al liceo. Sui dazi con la Cina al 145%, per altro già ritirati, lo sa anche lui che non è cosa. È una follia, in linea con la follia permanente che lo abita. O forse no? È una sparata insomma, lasciata lì giusto il tempo di sedimentarsi nelle nostre menti, giusto il tempo di diventare paura, coscienza e previsione. I mercati si spaventano, noi tutti ci spaventiamo, l’Europa, le piccole aziende, le grandi aziende. Anche i dazi con l’Unione, durati molto poco, che impatto emotivo hanno prodotto? Ora non abbiamo solo paura che avvenga, preghiamo che non si ripeta.
Un problema non c’era, un problema è stato creato, e ora ne siamo stati salvati. Ci sentiamo ancora in pericolo? Certo, sopratutto se si pensa alle continue affermazioni di Trump in merito all’ “Europa cattiva”, “più cattiva della Cina”. Insomma non ci liberiamo del timore, e dunque non ci liberiamo di Trump. Per noi è un riferimento, a lui guardiamo, sperando che non ci giudichi troppo “cattivi”. Ha creato un’esigenza, e noi ci riferiamo costantemente alla sua persona, riteniamo utile parteciparne assiduamente, ascoltare le sue dichiarazioni spettacolari, gioiamo quando, almeno provvisoriamente, argina il suo delirio volitivo, e sentiamo il suo esercizio costante di potere con una piccola e segreta ammirazione.
Eppure, è un ossimoro vivente. Prima sostiene Israele auspicando il Resort Gaza, poi si offre di fornire aiuti agli abitanti della Striscia. Come unire questi due passaggi? Come sintetizzare in una sola persona queste due uscite? Trump crea il mostro, poi lo sconfigge. Diventiamo ostaggio delle sue attenzioni, delle sue premure inaspettate, della sua umanità mai scontata. Perché in questo è riuscito Trump, a non rendere più così tanto banale il buonismo, e la democrazia. Ha fiutato la saturazione delle nostre menti. Ha pensato come noi, “tutte ‘ste belle parole, ‘sta bella costituzione, ‘sta bella democrazia, e poi non cambia mai nulla”. E allora ha cambiato la dialettica, ha integrato, con la pratica, i nostri gesti mentali: faccio questo, decreto qui, decreto là, mi prendo l’aereo da 500 milioni, sbatto fuori migliaia di persone dal paese, dico a Zelensky di stare zitto ecc. ecc.
In sostanza ci dice: se volete cambiare le cose, dovete prendervele. Non dovete guardare in faccia a nessuno, perché ecco a cosa porta il buonismo, gli scrupoli, la democrazia, che è il più inutile degli scrupoli. Voi non siete il popolo, siete uno solo che vuole. Come associare questa visione a un’idea di Stato, di Comunità? A chi dobbiamo prendere ciò che ci spetta? All’altro, al nostro vicino? Al nostro concittadino? Ed ecco l’esigenza di creare nemici, come una risposta. La volontà di potenza generalizzata significherebbe l’autodistruzione dello Stato. Ma tra potenti ci si riconosce, e soprattutto si riconoscono dei nemici. Il senso di liberazione e di esercizio di potere è indistinto, fa parte di tutti, tutti ce l’hanno. Ma appunto è indistinto, di per sé non ha colore. Vuole solo liberarsi da, non ha una direzione. Bisogna veicolarlo, bisogna avere una scusa per essere potenti.
Ed ecco i nemici, gli lgbtq+, gli immigrati, Biden, i democratici, l’Europa, la Cina, Taylor Swift ecc.ecc. Tutta gente inventata per prendere colpi, valvole di sfogo, piccoli buchi per respirare. Da un lato dunque, Trump in politica estera ci manipola, giocando con le nostre emozioni, mentre in politica interna veicola, traccia una spinta nel vuoto.
(*) 21 anni, studente di filosofia all’Università di Milano, si è sempre interessato di giornalismo
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