Viviamo una realtà pesante, momenti pericolosi e difficili da decifrare. Ma interconnessi. Il Medioriente in fiamme “chiama” l’Ucraina, e viceversa. Una miscela esplosiva. La guerra è tra di noi e non è del tutto chiaro perché, e chi davvero la vuole. Quanto al Medioriente, sempre meno accessibile, se non precluso come a Gaza, ai giornalisti sul campo, potrebbe aiutare la lettura di qualche libro recentemente uscito, come “Il suicidio di Israele” di Anna Foa, o di Gad Lerner “Gaza, odio e amore per Israele”. e del figlio Davide “Il sentiero dei dieci”. Oppure la “Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina, dal 1982 ad oggi” di Ilan Pappè. Per la cronaca sono tutti intellettuali ebrei. Ma aiuta anche “Hamas” di Paola Caridi, o l’ultimo libro di Roberta di Monticelli, “Umanità violata. Palestina, l’inferno della ragione”, le recenti interviste di Massimo Cacciari, e tanti altri autori ragionevoli. Un Sapere che potrebbe aiutare il giornalista a fare domande appropriate e l’interlocutore politico intervistato a dare risposte sensate, senza cadere in luoghi comuni pelosi, fuori tempo e spazio. Ad esempio è miope e preludio ad altri guai nell’ordine pubblico attaccare una piazza che chiede pace per i palestinesi dopo una strage di oltre 40 mila civili, perché qualche ignorante ha scritto sciocchezze sul suo cartello, o un manipolo di violenti si è scontrato con la polizia, senza vedere il contesto, il grave errore nel divieto di manifestare, e il clima ostile contro i manifestanti portato avanti dalla gran parte della stampa italiana, e dai partiti. Ma è fuorviante e denota ignoranza del tema se non malafede, anche parlare ancora di opposti estremismi e di infiltrati, nel caso dei movimenti a difesa della Palestina, mentre la domanda che andrebbe posta a noi stessi è: come mai le destre mondiali fasciste e neonaziste, antisemite per storia e definizione, sono schierate con il governo israeliano di Netanyahu? Mentre le sinistre mondiali sono divise e di fatto senza una politica estera, degna di questo nome, mentre la guerra totale si avvicina? C’è da dire che, dopo ripetute stragi di civili in Palestina, Libano (in Israele le vittime degli attacchi da parte di Hamas, Hezbollah, Huti e Pasdaran iraniani sono nell’ordine di alcune centinaia, tra militari e civili, che crescono con gli oltre 1500 della strage di Hamas il 7 ottobre 2023), l’orientamento rispetto al Medioriente sta cambiando. Si rispolverano le risoluzioni Onu e il diritto internazionale, calpestati bellamente fino a ieri, per cercare di frenare il dilagare del conflitto (che non nuoccia per carità agli affari occidentali che transitano nello stretto di Hormuz e altrove).
Parole di questo segno sono state preferite anche dalla Premier italiana il 7 ottobre in occasione della commemorazione del pogrom del 7 ottobre da parte dai terroristi di Hamas e altre fazioni ijhadiste. La tragedia è immane, incombe il rischio della guerra totale, quindi si cerca di correre ai ripari, se non altro sul piano delle responsabilità individuali dei governi di fronte alle cittadinanze che, lo dicono tutti i sondaggi, non vogliono essere coinvolte nelle guerre che altri hanno deciso. Ma gran parte dell’informazione scritta e radiotelevisiva sembra che viva altrove. Colpita da una forma di distorsione cognitiva tanto che per il giornalismo di casa nostra (non tutto ovviamente) il problema sembra essere quello di affermare per l’ennesima volta che stiamo dalla parte della comunità israeliana, che essa ha il diritto di difendersi dall’antisemitismo dilagante, fenomeno gravissimo e in crescita. Ok. Lo abbiamo detto e ridetto. Ma va precisato intanto che non va fatta di tutta l’erba un fascio, che l’antisemitismo non va confuso con il pacifismo e l’antisionismo, che rappresentano il pensiero della stragrande maggioranza del movimento globale a difesa dei diritti dei palestinesi, e delle vittime civili delle guerre, del quale fanno parte anche numerose associazioni israeliane. E della diaspora. E va detto inoltre che Israele sta “difendendosi” attaccando Gaza, Cisgiordania, Libano, Yemen, Siria e Iran, con le armi fornite da americani ed europei. E che ogni sinagoga e luogo di culto ebraico è presidiato dalle forze dell’ordine ogni giorno dell’anno. E questo accade da decenni. Chi allora ha veramente bisogno di essere protetto? Quanta ipocrisia! Pace e bene
Enrico Ferri
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Enrico Ferri, laureato in Scienze politiche all'Università degli studi di Padova, giornalista, ha lavorato a “Il Mattino di Padova” come caposervizio dal 1980 in diversi settori fino al 2010, per 15 anni è stato impegnato nella Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi) prima come Segretario generale del Veneto, poi come Vicesegretario nazionale. Per l'Ordine Nazionale dei Giornalisti è stato commissario all'esame di Stato per l'abilitazione alla professione giornalistica, relatore ai corsi di aggiornamento professionale sul contratto di lavoro giornalistico e sui problemi del giornalismo in relazione alle politiche migratorie, alle parole ostili, “post verità”, all’incitamento all’odio, alla Carta di Roma. Per l'Inpgi (Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani) è stato nel Collegio sindacale dove vi ha lavorato fino al 2016. Ha collaborato con la Sezione veneta dell’Associazione Articolo 21. E come autore al sito www.articolo21.org. Ha collaborato con il “Comitato veneto libertà per Assange”. Dal 2017 al 2021 ha collaborato alle iniziative culturali della “Sede Pensante” di Coalizione Civica per Padova. Nel 2020 è stato docente dell’Alta scuola “Raccontare la verità” diretto dalla professoressa con delega per l’Inclusione e la Disabilità Laura Nota dell’Università di Padova. Ha collaborato come autore alla stesura dei volumi “La passione per la verità” a cura di Laura Nota (Franco Angeli 2020) e “Aver cura del vero” (Edizioni Nuova dimensione) a cura di Monica Andolfatto, Laura Nota, Roberto Reale. Oggi collabora con l’Associazione “Formazione Continua” che a Padova ha una storia decennale e vi collaborano docenti, gran parte dei quali di provenienza accademica.