Negli scorsi mesi sono stati resi noti i dati di «The price of inaction: the global private, fiscal and social costs of children and youth not learning», il rapporto dell’Unesco che descrive la situazione generale dell’abbandono scolastico e del mancato accesso all’istruzione nel mondo. In base al rapporto, sono ben 250 milioni le ragazze e i ragazzi che non hanno un’istruzione in tutto il pianeta. Questo si traduce in un danno enorme, oltre che per gli stessi giovani, per i loro Paesi: è stato infatti calcolato che ridurre anche solo del 10% la percentuale dei giovani che abbandonano la scuola o che non l’hanno mai frequentata, consentirebbe di far aumentare il Pil annuale di un Paese di 1-2 punti percentuali. Per tale motivo in un incontro dei ministri dell’Istruzione, svoltosi a luglio a Parigi, Audrey Azoulay, direttore generale dell’Unesco, ha sollecitato tutti i 194 Stati membri a tener fede al proprio impegno di «trasformare l’istruzione da privilegio a prerogativa per ogni essere umano», destinando il 4-6% del Pil all’istruzione.
In tale quadro, particolarmente significativo appare il progetto «Safe-Ukr: Support and assistance for families in emergency in Ukraine» (finanziato dall’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo e implementato da Avsi, Vsi e Medici con l’Africa-Cuamm), avviato lo scorso febbraio in Ucraina, tra le aree di Dnipropetrovska, Donetsk e Zaporizka, con l’obiettivo di stabilire un ambiente di apprendimento sicuro e sostenibile sia online che offline per circa 4 mila alunni e insegnanti. L’iniziativa prevede lo sviluppo di Community center, spazi dedicati dove i bambini e le bambine ucraine possono trovare educatori, insegnanti e psicologi in grado di supportare la loro formazione e, al contempo, aiutarli a elaborare la paura in cui vivono a causa della guerra. Il sistema educativo ucraino è strutturalmente fragile, inoltre, prima a causa del covid e poi della guerra, molti bambini hanno smesso di frequentare la scuola o non vi hanno mai avuto accesso.