La Cura del Vero

Progettare il Futuro. Un voto per cambiarlo

Le riflessioni che abbiamo ascoltato durante l’evento ‘Tocca a noi’ lo scorso 28 maggio su cinque quesiti referendari mi hanno offerto la possibilità di far mie molte parole e pensieri che considero particolarmente intriganti: ne cito solo alcune…. condividere, cambiare, progettare il futuro, avere il diritto di voto, dare uguale valore delle differenze, costringe a competere, garantire le differenze e il diritto alla propria identità…sono talmente importanti ed affascinanti che non ha senso farne una graduatoria, sarebbe come chiedere a chi si occupa di diritti universali di decidere quali siano i quelli più importanti.

Il primo pensiero che mi è venturo in mente è, in ogni caso, questo: ciò che abbiamo discusso non ammette ‘conclusioni’ in quanto una conclusione si riferisce a ‘trattative’, a progetti posti in essere, a tentativi riguardanti un già accaduto, il passato. Qui siamo stati invece chiamati e chiamate a trasformare ciò che è già accaduto e a far qualcosa per determinare un futuro diverso dal presente e dal passato.

Quindi, invece di concludere dovremmo discutere su come ‘aprire’, cosa possiamo o si potrebbe fare o cosa dovremmo far ‘accadere’ per far iniziare il prima possibile un futuro, come direbbe Voros, effettivamente desiderabile per tutti e tutte. Quindi aprire, non riferirci a ciò che è accaduto ed avvenuto; dovremmo concentrarci su ciò che ci piacerebbe che accadesse e avvenisse… aprirci al futuro insomma. E per aprirci al futuro non si possono tirare somme, è più produttivo stimolare l’immaginazione, la partecipazione, l’inclusione; invece di dare consigli e fornire raccomandazioni è opportuno, come facciamo spesso nei nostri laboratori, considerare ciò che ci preoccupa maggiormente, ciò che ci fa indignare, e dare spazio a diverse idee su cosa fare per provare a concretizzare le nostre aspirazioni.

Se ci interessa un futuro migliore, un buon modo per porlo al centro è quello di porre quesiti, domande per muoverci in modo consapevole verso di esso, verso ciò che non è presente, che non vediamo attorno a noi, che è, in poche parole, movimento e cambiamento. Il Futuro, così, non sarà più un nome, ma un verbo, anzi tanti verbi, tanti fare per produrre cambiamenti. Le domande che mi sono venute in mente ascoltando i colleghi e le colleghe sono molte…. una ventina circa.

Pur limitandomi ad elencarle le riporto qui di seguito augurandomi che possano essere stimoli per ulteriori riflessioni e azioni tese a favorire futuri di qualità per tutti e tutte:

  1. Ma se il futuro é cambiamento ci conviene preoccuparci? A chi sì e a chi no?
  2. Il o i futuri saranno equamente distribuiti o dovremo, anche a questo proposito, imbatterci in discriminazioni e disuguaglianze?
  3. Quando incominciano il futuro o i futuri? Iniziano contemporaneamente per tutti e tutte?
  4. È preferibile che inizi il prima possibile o il più tardi possibile?
  5. E per chi dovrebbe iniziare il prima possibile; per chi il più tardi possibile?
  6. Cosa si può fare per farlo iniziare in modo a noi favorevole, come immaginarlo?
  7. Ci è riconosciuto il diritto di immaginare o anche a questo proposito ci sono disuguaglianze? E da cosa dipendono?
  8. Ma allora ci sono futuri e futuri? E questi si riferiscono a qualcosa che è molto prossimo e che può essere considerato un prolungamento del presente, che è così vicino che può essere addirittura previsto un po’ come le previsioni del tempo? O ci sono anche futuri remoti, lontani, che riguardano ciò che potrebbe accadere un po’ più in là, fra 5 anni, fra qualche decennio o secolo, che richiedono un pensiero possibilista?
  9. Se si può dire che il futuro per una persona incomincia quando le sue condizioni di vita non sono più quelle precedenti, questi cambiamenti da chi dipendono? Soprattutto da fattori individuali, dalla crescita personale, dall’età?
  10. o soprattutto da fattori esterni, sociali ed ambientali, dalla disponibilità di nuove tecnologie e di intelligenze artificiali sempre più intelligenti?
  11. o da nuove regole di vita che i governanti imporranno? O che dovrebbero essere frutto di riflessioni democratiche?
  12. Ma questi cambiamenti a vantaggio di chi saranno? Saranno anch’essi equamente distribuiti?
  13. Eleonora Barbieri Masini, una delle pioniere dei Futures Studies a livello internazionale, diceva che il futuro inizia quando iniziamo a immaginarlo e progettarlo consapevolmente: allora si può parlare anche di diritto all’immaginazione e alla progettazione? E questi come sono distribuiti all’interno della popolazione umana?
  14. E come dice un’altra importante studiosa del futuro, l’australiana, Jennifer Gidley, il futuro non è solo il tempo che verrà, ma un campo di possibilità, che si apre quando cambiamo il nostro modo di pensare e agire nel presente. E chi favorisce o ostacola il nostro modo di pensare ed agire?
  15. Attorno a noi, ci sono alleati o avversari delle cose che immaginiamo e desideriamo?
  16. Possiamo accettare come dice Ziauddin Sardar che ogni cultura abbia un proprio modo di concepire il futuro? e se, come dice Jean-Marie Tjibaou, la nostra identità è davanti a noi, cosa dobbiamo fare se davanti a noi ci sono identità diverse, culture diverse? Esiste quel diritto alla ‘permanenza’ di cui alcuni economisti parlano riprendendo il pensiero di Joseph Chelladurai Kumarappa, l’economista di Gandhj?
  17. A chi viene negato il futuro?  Chi viene escluso dalla possibilità di immaginare e costruire il futuro?
  18. E noi, cosa possiamo farci? E’ una faccenda che ci riguarda, o sono fatti loro?
  19. Possiamo parlare di inclusione chiedendo alle persone di immaginare e costruire i loro futuri rigettando la loro cultura, la loro lingua, il loro diritto di permanenza?
  20. I futuri che immaginiamo come tratterranno le comunità marginalizzate?
  21. E’ possibile immaginare futuri condivisi in un’epoca di complessità, caos e contraddizioni, dove le vecchie certezze non funzionano più?
  • Salvatore Soresi

    È oggi professore senior dell’Università di Padova; docente ordinario presso il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata della stessa Università. Ha fondato il laboratorio LaRIOS e il Centro di Ateneo di Servizi e Ricerca per la Disabilità, la Riabilitazione e l’Integrazione (ora Centro di Ateneo per la Disabilità e l’Inclusione) dell’Università di Padova. È inoltre un socio fondatore della Società Italiana per l’Orientamento (SIO), di cui è stato presidente per 8 anni (ed ora è socio onorario), e dell’European Society of Vocational Designing and Career Counseling. Nel 2008 è stato premiato dalla Society of Counseling Psychology (American Psychological Association), e nel 2013 dalla ESVDC, per il suo contributo nel campo della Psicologia dell’Orientamento. Nel 2014 ha ricevuto il riconoscimento “Distinguished Contributions to International Counseling Psychology” dall’International Association of Applied Psychology. Nel 2000 ha ricevuto l’Alto Patrocinio del Presidente della Repubblica per il progetto Magellano. È membro del Life Design Group, del Career Adaptability International Collaborative Group, e del Comitato Direttivo del progetto NICE. È, inoltre, membro dello Special Task Group ‘Globalization’ of Division 17 – American Psychological Association (dal 2011). E’ stato fondatore e coordinatore del Network Universitario per il Counseling (dal 2010 al 2013) e dell’International Hope Research Team – IHRT (dal 2011 al 2014). È autore di circa trecento pubblicazioni, di oltre venti libri e di alcuni importanti strumenti di assessment, tra cui i portfoli Optimist e Clipper ed il progetto Magellano (OS, Firenze). I suoi progetti di studio, ricerca e formazione si sono snodati nel corso del tempo su temi quali le disabilità, l’inclusione, l’orientamento e la costruzione del futuro, la giustizia sociale e la lotta alle disuguaglianze. Partecipa alle attività di ricerca e formazione del Laboratorio Larios e della Società Italiana Orientamento, e collabora con diverse reti nazionali e internazionali per i progetti di trasformazione sociale a vantaggio dell’inclusione e della giustizia sociale.

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