È stato eletto, giovedì 8 maggio, al quarto scrutinio, il 267esimo Pontefice, papa Leone XIV, cardinale Robert Francis Prevost.
È statunitense (nato a Chicago nel 1955) ma «meticcio»: padre di origine francese e italiana, madre spagnola (ma alcune fonti la danno come di origine ecuadoregna).
È stato missionario in Perù per un ventennio (poi, dal 2015, vescovo della diocesi di Chiclayo e, dal marzo 2018, secondo vicepresidente della Conferenza episcopale peruviana) e alla missione ha fatto riferimento sin dalle prime parole pronunciate affacciandosi alla Loggia di San Pietro.
Dal gennaio 2023 Francesco l’ha voluto prefetto del Dicastero per i vescovi (dove, ricordiamolo, papa Bergoglio dal 2022 ha nominato le prime tre donne, per contribuire alla selezione dei futuri vescovi: la francescana suor Raffaella Petrini, la francese Yvonne Reungoat, l’argentina María Lía Zervino).
Un Papa statunitense, quindi, ma (almeno a giudicare dalle posizioni espresse prima della sua elezione a Pontefice) lontanissimo dalle visioni di Trump per quanto riguarda i temi della pace, della custodia del creato, della lotta ai cambiamenti climatici e alla povertà, delle migrazioni. Meno lontano, pare, ma staremo a vedere se sarà proprio così, sui cosiddetti diritti civili della comunità LGBTQ+.
Un Papa che ha scelto di chiamarsi Leone, un nome nel solco della tradizione, ma che si riallaccia all’ultimo Pontefice con questo nome, Leone XIII, un Papa innovatore, il Papa della Rerum Novarum, l’enciclica sul lavoro, la prima grande enciclica sociale che ha di fatto aperto la strada a tutta la dottrina sociale della Chiesa. E qualcuno ha fatto notare che Leone era anche il nome del frate più vicino a Francesco d’Assisi…
Un Papa, come Bergoglio che era gesuita, che appartiene a una famiglia religiosa, quella degli agostiniani, noti per la loro dedizione agli studi e alla loro diffusione. E anche questo dice molto del nuovo Pontefice: i religiosi, infatti, sono da sempre chiamati a una vita comunitaria, fraterna, nella quale il confronto con i confratelli è quotidiano. Uno stile di vita, insomma, centrato sulla «sinodalità», altro tema caro a Francesco che ha voluto dedicargli addirittura un sinodo per discuterne.
Un Papa, quindi, che tutto lascia supporre si inserisca in continuità con il pontificato di Francesco, portando avanti molti di quei processi avviati dal «Papa dalla fine del mondo», ma che indubbiamente ha un altro carattere e quindi un altro modo di porsi: tanto Francesco era vulcanico e impulsivo, tanto Leone pare pacato e razionale (ha pure una laurea in matematica oltre che una in filosofia).
Le prime parole, affacciandosi alla Loggia del palazzo pontificio, sono state un appello a una pace «disarmata e disarmante, umile e perseverante, che proviene da Dio che ci ama tutti e incondizionatamente», che ha riecheggiato i tanti appelli alla pace (ma anche all’amore misericordioso di Dio che ama todos, todos, todos… come Francesco non si stancava di ripetere…) di papa Bergoglio.
Ora lasciamo che questo pontefice, statunitense per nascita, europeo per origine e latinoamericano per vocazione, svolga il suo compito, quella «missione» così preziosa in un mondo come quello odierno, in cui i punti di riferimento sembrano dissolversi, sacrificati alla logica del denaro e del potere, alla logica del più forte.
p.s. Una sottolineatura, però, prima di chiudere questo breve testo, va fatta. E non riguarda il neo Pontefice, ma i media: appena il suo nome è riecheggiato dalla Loggia pontificia, infatti, giornali, siti e tv l’hanno subito appellato come «il primo Papa americano» della storia. Ma Prevost non è il primo americano (americano era anche Bergoglio), è il primo statunitense. L’America non può essere ridotta solo agli States. Non si tratta solo di semplificazione giornalistica, è una questione di visione, di voler ridurre, magari inconsapevolmente, un continente a un solo Paese, per quanto si tratti di una super potenza mondiale. Poi non stupiamoci se Trump considera statunitensi pure il Canada e la Groenlandia…
Foto credits: Alvise Sperandio
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Giornalista professionista dal 1999. Attualmente vicedirettrice del Messaggero di Sant’Antonio, per il quale sono stata caporedattrice delle riviste in lingua italiana (dal settembre 2007 dell’edizione nazionale e dal dicembre 2010 al gennaio 2019 anche dell’edizione per gli italiani all’estero) e responsabile dell’area comunicazione (2010-2014). Seguo come vice anche il nuovo progetto web della rivista, avviato nel gennaio 2024. Ho collaborato con numerose testate giornalistiche (Famiglia cristiana, Osservatore Romano, Adista, Corriere del Veneto…), ho diretto una collana di libri (Ape, autori per l’educazione) per le Edizioni Messaggero Padova (EMP), ho coordinato redazionalmente la testata Tau-Ofs Veneto, e ho diretto il trimestrale Momenti francescani. Dal giugno 2019 sono segretaria regionale di Ucsi-Unione cattolica stampa italiana Veneto. Con altri autori e autrici, ho firmato alcuni libri, tra i quali: Donne che fecero l’impresa. Veneto (Edizioni del Loggione, 2020), Verso la felicità (Emp, 2015), Sedotti e abbandonati? (Emp, 2012). Amo leggere, camminare, andare a teatro e ai concerti.