La Cura del Vero

Verona, assolta la cronista Raffaella Fanelli: non ci fu diffamazione

Il giudice Ladogana del tribunale di Verona, dopo un’ora di camera di consiglio, ha assolto – perché il fatto non sussiste – Raffaella Fanelli. «Finalmente si chiude una vicenda assurda, iniziata cinque anni fa», ha detto la collega, iscritta al Sindacato giornalisti Veneto. Assolto, con la stessa formula, l’ex terrorista dei Nar Vincenzo Vinciguerra, che sta scontando la pena all’ergastolo. Entrambi (assistiti dagli avvocati Andrea Di Pietro e Michele Masso) dovevano rispondere di un’ipotesi di diffamazione aggravata. La stessa Procura, al termine del processo, aveva chiesto l’assoluzione, mentre l’avvocato di parte civile Gabriele Bordoni, che tutelava Silvia Signorelli, figlia di Paolo, aveva sollecitato la condanna del solo Vinciguerra.

«Vinciguerra, ascoltato in collegamento dal carcere, ha confermato quanto ha sempre detto anche in altre numerose interviste rilasciate durante il periodo di detenzione. La cosa per noi dirimente – afferma l’avvocato Di Pietro che assiste Fanelli – è che ha ribadito la corrispondenza al vero dal punto di vista letterale delle dichiarazioni rispetto a quelle pubblicate da Fanelli. Quindi dal punto di vista del diritto di cronaca abbiamo avuto le rassicurazioni che cercavamo. Il processo verte anche sulla verità intrinseca delle stesse dichiarazioni di Vinciguerra. Ritengo siano affermazioni di straordinario interesse pubblico, che, come tali, andavano necessariamente pubblicate senza la minima manipolazione da parte della giornalista, come è avvenuto».

A formulare l’accusa, nel procedimento avviato il 15 dicembre del 2021, è stato il pm scaligero Marco Zenatelli ai sensi del reato 595 del Codice penale per aver “offeso la reputazione del defunto Signorelli Paolo, esponente ideologico della destra radicale e dell’antagonismo nazionale, nonché esponente di Ordine Nuovo e del Fronte sociale nazionale”.

dopo la sentenza

A presentare nel 2019 la denuncia contro Vinciguerra e contro Fanelli, cronista d’inchiesta, che con il suo lavoro ha fornito un contributo decisivo anche alla magistratura su gravissimi fatti di cronaca del passato riconducibili all’eversione nera e che ha contribuito a riaprire le indagini sull’omicidio di Mino Pecorelli, è stata Silvia Signorelli, figlia di Paolo, condannato per associazione eversiva e banda armata, morto nel 2019.

Al centro della vicenda l’intervista che Fanelli fece a Vinciguerra e pubblicata su una testata online con sede a Verona ora non più attiva. L’articolo nell’ottobre dello stesso anno fu sequestrato su disposizione del gip scaligero con il conseguente oscuramento del sito.

In aula, prima la Procura e poi i difensori hanno ribadito la correttezza del lavoro di scavo giornalistico di Fanelli, autrice di numerose inchieste anche sugli anni di piombo, perché si è attenuta alle dichiarazioni di un testimone diretto e attendibile, suffragate da un indubbio interesse pubblico.

  • Redazione

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